La retta

 

A questo punto dell'atterraggio, l'aereo si trova ad un paio di metri al di sopra della pista, con la manetta chiusa e sta volando più o meno parallelo al suolo. Avendo interrotto la discesa con la richiamata, la velocità inizierà gradualmente a diminuire. Se non vengono presi provvedimenti per compensare la perdita di portanza con un aumento dell'angolo d'attacco, l'aereo affonderà verso un contatto abbastanza duro con la pista, probabilmente sulle tre ruote contemporaneamente, ma talora prima sul ruotino anteriore: e qui sta il pericolo.

Ai tempi in cui tutti gli aerei erano "bicicli", gli atterraggi richiedevano maggiori capacità di quanto richiesto dai moderni tricicli. Le ragioni per questo sono illustrate nel capitolo 6, "La tecnica del biciclo". La relativa semplicità d'impiego del triciclo, di cui noi tutti approfittiamo, significa per molti piloti la possibilità di allentare l'attenzione. In molti campi trafficati, non manca mai di notare che molti piloti, alcuni di loro istruttori, si accontentano di "arrivare" piuttosto che atterrare. Essi scendono assistiti dal motore, fanno un accenno di richiamata e poi volano fino a terra, toccando contemporaneamente con le tre ruote.

Ecco i rischi di questo modo sciatto di pilotare:

1) Siccome l'aereo "arriva" in assetto livellato, la velocità di contatto è inutilmente elevata, con relativa usura di pneumatici, cuscinetti e freni.

2) C'è un'alta probabilità di toccare inizialmente con la ruota anteriore. Il carrello anteriore non è stato progettato per questo scopo. La sua funzione primaria è quella di proteggere l'elica e facilitare la manovra del mezzo mentre è a terra. Vi può succedere di toccare con la ruota anteriore, senza causare niente di peggio che un rimbalzo. Vi può continuare ad andare bene per un po', ma prima o poi la fatica dei materiali avrà qualcosa da dire e la struttura potrà magari cedere di schianto dopo un atterraggio peraltro perfetto. Il danno che ne può seguire può essere considerevole, eliche rotte, alberi motore traumatizzati, paratie parafiamma e cofani danneggiati, tutto questo per mancanza di una corretta tecnica di pilotaggio.

3) L'abitudine di toccare con la ruota anteriore per prima porta ad un ulteriore rischio, che può causare più danni ancora di quanto descritto. Lo "scarriolare" (così viene definito, da "carriola") può succedere con tutti i tipi di aereo, grandi e piccoli, ma parrebbe che vi siano più soggetti i mezzi in cui i piani di coda orizzontali si muovono interamente come "stabilatori".

4) Immaginate che l'aereo abbia toccato prima con la ruota anteriore, mentre il carrello principale è ancora per aria. E' sufficiente un po' di vento al traverso per far pivottare l'aereo attorno all'unico punto di contatto con il suolo, quel tanto che basta per farne perdere il controllo (Figura 16). Essendo la maggior parte della fusoliera dietro questo "perno", si può sviluppare un effetto banderuola particolarmente instabile che, se non provvidenzialmente interrotto tirando la barra per poggiare stabilmente al suolo il carrello principale, non potrà portare che gravi danni al mezzo. Questo perché, mentre la rotazione si sviluppa, c'è una naturale tendenza del centro di gravità a cercare di portarsi davanti alla ruota anteriore, con tutto ciò che ne può conseguire (Figura 17).

Lo scopo deve essere viceversa quello di toccare prima con il carrello principale e con la ruota anteriore ancora sollevata dalla pista, perché solo così si potrà completare un buon atterraggio. Un atterraggio di questo tipo possiede questi vantaggi:

1) Il rischio di "scarriolare" è eliminato, poiché il punto di contatto si trova posteriormente al centro di gravità.

2) Un contatto leggermente o discretamente "pesante" non potrà causare che un piccolo rimbalzo, poiché c'è una naturale tendenza dell'aereo a picchiare, ridurre l'angolo d'attacco e pertanto diminuire la portanza.

3) Siccome l'aereo viene a trovarsi leggermente cabrato, l'elevato angolo d'attacco permette una minore velocità di contatto.

La prassi da adottare dopo la richiamata comporta l'esecuzione della retta, un'abitudine perduta per molti piloti moderni. Durante questa manovra, l'aereo viene mantenuto in aria tirando progressivamente la barra, aumentando l'angolo d'attacco in sincronia con lo scadimento della velocità. Inoltre, la procedura deve essere condotta in modo che, al momento giusto, il carrello si possa posare dolcemente sulla pista. Un bel risultato, se si è in grado di ottenerlo! Ma tutti lo possono ottenere, provando e riprovando! Ci sono comunque un paio di problemi di fondo:

1) Qual è l'assetto corretto? Io non vorrei parlare di un "tot" numero di gradi, perché per questo bisogna disporre di un orizzonte artificiale. Pensate all'angolo con cui decollate e non sarete lontani dalla realtà.

2) Come facciamo a sapere quando le ruote sono vicine al suolo? Questa è una domanda che prelude in genere ad un lungo silenzio (si tratta del concetto più difficile da insegnare, apprendere e spiegare), ma siccome siamo arrivati al momento della verità, cercherò di fare del mio meglio per fornire una lucida risposta.

Valutare la vicinanza con il suolo

Alcuni allievi dimostrano poche difficoltà a capire quando le ruote sono vicine alla pista quel tanto che è necessario per un atterraggio pennellato. Sono dei fortunati. Io non me la sono cavata con così poco ed anche dopo le mie prime 1.500 ore mi poteva occasionalmente succedere di fare dei brutti atterraggi. E' pur vero che tutti gli aerei che avevo per le mani, anche quelli più grandi erano bicicli, dall'atterraggio notoriamente più impegnativo dei moderni tricicli. E' strano, ma a ripensarci, non ricordo che alcun istruttore mi abbia veramente insegnato in modo analitico e dettagliato come atterrare, sia in Inghilterra, dove ho iniziato a volare, sia in Texas, dove ho ricevuto l'addestramento militare. Mi hanno mostrato alcune volte come si faceva, poi mi hanno detto di provare io stesso. A volte arrivavano dei pungenti commenti del tipo "Sei dannatamente alto" oppure in Texas "Sta cercando di uccidermi, tenente?"Ma non c'era alcun reale tentativo di spiegare perché io arrivassi troppo alto o, ancora più importante, come dovevo fare per rendermene conto.

Giudicare l'altezza delle ruote dal suolo è difficile da imparare per l'allievo e da insegnare per l'istruttore: ecco alcune considerazioni in merito.

Della richiamata abbiamo già parlato e, se ricordate, ho insistito sul fatto che dovesse essere effettuata in modo da mantenere le ruote ad una ragionevole distanza dalla pista. Notate che io non sto cadendo nella trappola di dirvi di richiamare quando le ruote sono a "tanti" metri da terra, poiché dal sedile del pilota (a) non si possono vedere le ruote e (b) non c'è altro modo di misurare questa distanza.

La dura risposta è che la cosa deve essere acquisita con l'esperienza, non ci sono alternative. Ma si può tentare una spiegazione in termini più pratici. Ci sono alcuni secondi durante i quali l'aereo si "accorge" che non sta più scendendo ed il suo "momento" (ovvero "massa moltiplicata per velocità") inizia ad essere sopraffatto dalla resistenza. L'aereo comincerà a rallentare, ci sarà una perdita di portanza ed inizierà ad affondare. Questo costituisce il segnale per agire. Avendo eseguito la richiamata un po' più in alto, ma non molto, rispetto a dove molti istruttori amano insegnare, si prendono due piccioni con una fava. Quel po' di aria in più tra voi e la pista permette all'aereo di affondare leggermente e darvi segno che è ora di iniziare a sostenerlo (Figura 18).

Il fatto che l'aereo stia affondando non solo segnala che è iniziata la perdita di velocità, ma fa anche sì che le ruote siano più vicine alla pista ed il vostro scopo sarà quello di ritardare il contatto fino a quando si è assunto un assetto cabrato.

Uso degli elevatori durante la retta

Se gli elevatori vengono deflessi esageratamente alla velocità di avvicinamento, l'energia in eccesso causerà un "effetto bolla" (Figura 19). Per contro, un'insufficiente trazione sulla barra porterà ad un contatto prematuro ad una velocità inutilmente alta, con il solito rischio di danneggiare il ruotino anteriore o di "scarriolare", come già si è detto.

Nelle prime fasi dell'addestramento, gli allievi devono imparare con l'esperienza l'entità della trazione sulla barra. Le statistiche sugli incidenti indicano senza dubbio che molti piloti qualificati hanno problemi con questa fase dell'atterraggio, poiché non sono in grado di reagire correttamente alle percezioni visive che si presentano quando la velocità diminuisce e pertanto deve essere aumentato l'angolo di attacco. Dal momento in cui giunge il "segnale" di iniziare a sostenere, bisogna esercitare una trazione progressiva sulla barra.

Dove bisogna guardare?

A questa importante domanda raramente viene data risposta durante l'addestramento. In questa fase, al pilota interessano due cose: l'assetto di atterraggio e l'altezza sulla pista. L'assetto di atterraggio si giudica meglio guardando molto avanti, verso la fine della pista, ma questo non è sufficiente. L'altezza rispetto alla pista si percepisce invece più facilmente guardando un po' più avanti dell'aereo, ma non così vicino, dove la visione del terreno risulta confusa dalla velocità. Quando la velocità diminuisce, il punto più vicino di visione distinta tende ad avvicinarsi, ma lo sguardo dovrebbe continuare a muoversi avanti ed indietro tra la fine della pista (per percepire l'assetto) ed il punto più vicino dove il movimento può essere percepito senza confusione degli elementi (per percepire l'altezza sulla pista). Soprattutto si eviti di fissare un unico punto. Se si guarda troppo vicino si può perdere il livellamento delle ali oppure entrare in "bolla" non avendo riferimenti con l'orizzonte. Se ci si concentra sulla fine della pista si avrà una scarsa percezione di dove si trovi il suolo in relazione alle ruote.

Un metodo alternativo, preferito da alcuni, è il fissare lo sguardo in un punto, spesso descritto come distante quanto "la larghezza di un campo di calcio", dal quale lo sguardo viene fatto andare avanti ed indietro per ottenere la stessa percezione dell'assetto, della direzione e dell'altezza dell'aereo. Per chi non se ne intende di calcio si può dare un riferimento in circa 40 metri. Il modo migliore per individuare questo punto è di misurarlo a passi (se si sa quanti passi ci vogliono per coprire quella distanza) e lasciare là un oggetto che possa servire da riferimento in futuro.

Non c'è bisogno di dire che, qualsiasi metodo si usi, bisognerà guardare lungo il fianco sinistro del muso, a meno che … si stia pilotando dal sedile di destra!. Non voglio sembrare ovvio, ma taluni piloti cercano di guardare avanti in mezzo al muso, perdendo certamente ogni riferimento col suolo quando si raggiunge il corretto assetto cabrato.

Esercizi per migliorare la percezione della vicinanza col suolo

Può sembrare banale, ma un notevole beneficio può essere ottenuto sedendosi sull'aereo con il ruotino anteriore poggiato su di un bidoncino per simulare l'assetto che l'aereo potrà avere al momento del contatto. Prendetevi il tempo per abituare lo sguardo a muoversi avanti ed indietro lungo il fianco sinistro del muso dell'aereo, una mezz'oretta od anche più non è certamente troppo. Questo metodo ha il vantaggio di essere tanto efficace quanto economico!

Il secondo esercizio, che ho trovato essere molto efficace durante tutti questi anni di istruzione, è illustrato nella Figura 20. L'esercizio richiede che il pilota in addestramento mantenga un leggero controllo sulla barra, mentre l'istruttore (previa segnalazione al controllo del campo) porti l'aereo a bassa velocità lungo la pista all'altezza cui si esegue normalmente la retta. Mentre l'istruttore fa volontariamente beccheggiare l'aereo, l'allievo deve guardare lungo il fianco sinistro del muso nel modo che si è detto e ripetere "saliamo", "scendiamo", ecc. seguendo le piccole variazioni di assetto indotte dall'istruttore. Può sembrare un giochino idiota, ma posso assicurare che funziona e dopo alcune di queste dimostrazioni tutti coloro che hanno problemi in atterraggio avranno imparato:

1) Quando e dove guardare lungo il fianco sinistro del muso.

2) Come percepire l'altezza dell'aereo durante la retta.

3) Quanto lieve debba essere la trazione sulla barra per ottenere un corretto assetto ed altezza prima del contatto.

Correzione finale

Se la rotazione è stata eseguita correttamente e la retta è stata una progressione continua che ha permesso all'aereo di assumere un assetto cabrato (simile a quello del decollo), le ruote principali dovrebbero prendere contatto dolcemente con la pista. E se la retta è stata eseguita un po' troppo alta sulla pista? Non tutto è perduto! Mentre l'aereo affonda, basterà semplicemente ridurre il rateo di discesa, esercitando un'ulteriore trazione sulla barra: ne seguirà un atterraggio che non potrà dispiacere ad alcuno.

Fattori che influenzano la retta

Molti anni fa sono stato coinvolto nella parte conclusiva di una lunga ed avvincente discussione da hangar, che sono poi venuto a sapere stava andando avanti da mesi, sia a parole, sia sulle pagine dell'eccellente notiziario mensile di quel club. Il nocciolo della questione era che alcuni membri del club si erano chiesti perché in una giornata senza vento l'aereo in atterraggio sembrava galleggiare indefinitamente sulla pista prima del contatto, mentre in condizioni di vento da moderato a forte il contatto avveniva quasi immediatamente dopo la richiamata. Dopo tutto, ragionavano, l'avvicinamento avviene sempre alla stessa velocità, allora perché c'è questa differenza?

Questi sono i fatti. Anche se la velocità è la stessa in entrambe i casi (vento o non vento), l'aereo non "tiene conto" di questo durante la retta. Ricordate, il motore è al minimo e la macchina non sta più scendendo. Cosa dunque la sta facendo continuare a volare parallela al suolo? La risposta è: "la quantità di moto". Si immagini che non vi sia vento e che si stia pilotando un aereo che pesa 450 Kg; la velocità dopo la richiamata è 80 Km/h. La quantità di moto è il prodotto della massa moltiplicata per la velocità, pertanto in quell'istante voi ed il vostro gioiellino avrete un'energia considerevole. Secondo un tale di nome Newton, il vostro aereo avrebbe voglia di continuare così ad 80 Km/h all'infinito, e così accadrebbe nello spazio esterno ma, fortunatamente per i volatori, noi siamo circondati dall'aria e non dal vuoto. La stessa aria che ci dona generosamente la portanza, ci fornisce anche la resistenza.

Facciamo conto che la velocità al contatto sia 65 Km/h, la resistenza dovrà quindi mangiarsi 15 Km/h prima che possiate toccare terra, e per questo rallentamento potrà impiegare, diciamo, cinque secondi. Dopo alcuni giorni vi ritrovate un venticello che vi soffia contro a 20 Km/h pertanto, anche se l'anemometro continua a segnare 80 Km/h, immediatamente dopo la richiamata la velocità al suolo sarà di soli 60 Km/h. Quando arriverà la vostra velocità anemometrica di contatto di 65 Km/h, la velocità al suolo sarà di soli 45 Km/h. La resistenza avrà lo stesso compito di prima, ma questa volta per il rallentamento di quei 15 Km/h, si avrà a che fare con una quantità di moto inferiore. Ricordate, in aria calma c'era il prodotto di 450 Kg per 80 Km/h da ritardare, ma ora un vento di 20 Km/h ha ridotto il lavoro a 450 Kg per 60 Km/h, che costituisce per la resistenza il 30% di lavoro in meno da svolgere. La Figura 21 illustra la retta in condizione di calma ed in presenza di vento. I piloti dovrebbero sempre ricordare i seguenti punti:

1) Il contatto all'assetto corretto (ovvero prima con le ruote principali) è correlato alla velocità.

2) La lunghezza della retta, ovvero il "galleggiamento" è proporzionale al peso dell'aereo in atterraggio moltiplicato per la velocità immediatamente successiva alla richiamata.

3) I piloti debbono quindi essere preparati ad un galleggiamento piuttosto lungo in assenza di vento, e tanto più il vento si rafforzerà, tanto più la retta risulterà breve.

4) In qualsiasi condizioni di vento, la durata del galleggiamento può essere aumentata adottando una velocità d'approccio superiore e viceversa.

5) Siccome la resistenza aerodinamica produce la forza ritardante durante la decelerazione, la quantità di flaps condizionerà a sua volta la lunghezza della retta.