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Vaderetrum del piRlota
"Pallina e Bussola - di Bruno "

novembre 2001

Le condizioni meteo sono quelle che ti fanno sentire fortunato di essere a terra. Aria satura d'umidità, foschia densa, assenza di vento fin dal mattino. Ma oggi pomeriggio, quello di un sabato di novembre, sono al campo non per volare ma per montare nell' abitacolo del mio GT 500 la staffa alla quale si aggancia il GPS. Seduto al posto di pilotaggio controllo la posizione e la visibilità dello strumento. Gigi mi vede: "Allora vengo su anch'io", e con la mano afferra la maniglia dell'avviamento a strappo del 503 che motorizza il suo delta. Legge di Murphy verificata, il suo motore parte al primo tentativo. Gli faccio segno che non volerò, un cenno approvato con cenni del capo dai pochi presenti, ma poi improvvisamente penso di far girare un po' il motore, ormai sono qui. Accidenti, mai agire d'istinto. Nuova verifica della predetta legge, e ruotata la chiavetta l'avviamento avviene senza esitazione. Gigi è dietro, mi fa segno di precederlo: è giusto, il mezzo più veloce decolla prima. Ma non intendo farlo. Lascio girare il motore e provo le accensioni. La risposta è regolare.

Forse le sensazioni sono le stesse per tutti quelli che amano il volo, non so. Io provo sempre un forte e quasi reverenziale rispetto per quella macchina che mi consente di staccarmi da terra, ma ne ho paura, lo ammetto. Una paura alla quale subentra la tranquillizzante sensazione di sicurezza che provo alla fine dei controlli che precedono ogni volo. Quel giorno tutto funzionava a dovere. Come d'abitudine, anche se non ero lì per volare, avevo verificato la funzionalità dell'aereo in ogni dettaglio e riempito il serbatoio; lo lascio sempre così per limitare la superficie di condensa e perché non si sa mai. Il motore ormai a regime girava regolarmente, vento assente e anche meno foschia, o forse no, ma era comodo crederlo per giustificare l'imminente decisione. Tutto bene, tranne il pilota, non al meglio della condizione quando spingendo avanti la manetta ha deciso di fare "soltanto un giro campo". Nel volo tutto serve: sensazioni, frasi, raccomandazioni, ed esperienze d'altri più o meno esperti. La capacità di sintesi del cervello è sorprendente: risolve situazioni veramente critiche se si mantiene la calma; se invece prevale il panico, anche quelle più controllabili possono finire in un dramma.

Sono in volo, occhio a fine pista, variometro a 500 piedi al minuto, velocità 60 miglia orarie, via la tacca di flap, barra un filino giù, velocità 75. Guardo sotto e... non vedo più nulla. "Qui la nebbia può avvolgerti all'improvviso", avevo sentito dire dall'istruttore a un allievo. Aveva ragione. Calma: ho appena superato la testata pista, forse nemmeno, sono a 100 piedi, virando posso allinearmi sulla 20, abbassarrni e riprendere il contatto col terreno. E Gigi? Lo avrei di fronte! Seppi poi che appena decollato, avvolto dalla nebbia divenuta improvvisamente fitta, era riuscito ad atterrare nell' area libera a lato della pista, in totale assenza di visibilità. Decisione: circuito regolamentare per atterrare sulla 02 e occhio al terreno. Non vedo nulla, penso agli ostacoli noti, alle linee di alta tensione, agli alberi, ai capannoni. L'altimetro segna 250 piedi, è la quota del sottovento effettuato tante volte. La manterrò fino alla base, ma quando ci arrivo? Sbircio il cronometro che sembra non avanzare, non può aiutarmi, decido di salire, ma che cosa succede? Perché l'aereo vibra tanto? Per la manetta ancora al massimo! Riduco potenza con l'occhio fisso al variometro: non salgo, eppure il motore è praticamente ancora a pieno regime e la pallina è in centro. La velocità è buona, ma perché non salgo?

Avevo sentito l'istruttore dire che in nube il tempo di sopravvivenza è incredibilmente breve ed è meglio non fare quell'esperienza. Lui ne ha un ricordo traumatico. Già, questo istruttore, al quale se sottrai dall' età il tempo passato in volo, forse è ancora minorenne. E io, quante possibilità avevo? Dovevo impormi la calma per decidere bene. So cosa significa "disorientamento spaziale": interessa gli altri fin che non lo provi. Penso che a terra sono preoccupati e vorrei scusarmi con loro. Intanto ho riportato la manetta al massimo, la velocità sale, troppo, ma il variometro è a zero, anzi, accenna a scendere, e i comandi sono duri. Quanto tempo è passato da quando il comportamento dell'aereo è diventato anomalo? Pochi secondi, eppure i pensieri passati per la mente sono molto più di quelli rievocati finora. Calma: la pallina è in centro, il serbatoio è pieno. Devo salire e poi si vedrà. Salire sì, ma il variometro indica discesa, l'altimetro segna poco più di 150 piedi, la velocità è quasi in VNE. Ebbene: con il motore e la velocità al massimo, pallina in centro, è evidente che vario e altimetro non sono affidabili: sono guasti? Non li considero più? E la bussola? Sta girando, lentamente ma gira! Forse le vibrazioni, una tempesta magnetica, anche questa da controllare... strano, sembrava tutto a posto!

Believe yaur instruments, credi nei tuoi strumenti, avevo letto su una rivista a proposito di volo strumentale. Finalmente l'interpretazione giusta. Non è la bussola che gira; è l'aereo! Il volo è coordinato, non necessariamente livellato. Sono in virata, scendo in spirale, questa è la risposta. Finalmente la reazione opportuna: piede e volantino fermano la bussola, avverto l'innalzarsi del muso, rilascio la trazione sulla cloche mentre riduco motore. Il vario s'impenna, l'altimetro riprende a salire e la velocità si stabilizza. Il grigio della nebbia mi avvolge sempre, ma salgo. La bussola non gira più, ma le continue correzioni di piede per contrastare la coppia dell' elica, in assenza di riferimenti esterni, rendono il pilotaggio estremamente impegnativo. Mi impongo di continuare a salire fino a trovare la luce, che in alto c'è sempre. Guardo il GPS. Non so dove sono, cerco la pagina della cartografia. La mano, calma sui comandi, ora trema un poco, quasi che il gesto possa compromettere la stabilità: riesco a capire che sto andando verso Vercelli e compare il messaggio "batterie esaurite". Ho solo tempo per memorizzare la rotta prima che si spenga. Salgo cercando di non perdere la prua, quando stacco gli occhi dagli strumenti fuori c'è solo grigio, grigio freddo, uniforme, immobile.

Per fortuna il tetto della nebbia non è alto; improvvisamente, come quando è arrivata, diventa più rada, comincia a muoversi e veloce passa sotto l'aereo. Davanti, fra le folate, ecco l'orizzonte, non proprio diritto. Ormai ho il controllo del mezzo, lo livello perfettamente e continuo verso l'alto, nel cielo azzurro. Il sole nell' aria tersa illumina la coltre che mi aveva imprigionato, ora abbagliante, quasi bella. Oltre questa c'è il massiccio del Rosa; la situazione non è ancora tranquilla, ma riesco ugualmente a goderne la vista. Prima o poi dovrò scendere; ora proseguo il mio volo pensando alla posizione rispetto a Vercelli, senza preoccuparmi tanto. Il serbatoio è pieno e ci sono gli aironi a tenermi compagnia. Prima o poi finirà anche la nebbia; ormai sono ottimista, va tutto bene.

Improvvisamente vedo terra, comincio a scendere; il sole sta illuminando tutto, qui è incredibilmente sereno, devo solo capire dove sono. Davanti c'è un grosso centro abitato con il fiume sulla sinistra, ed è proprio Vercelli. Oltre il fiume la pista! Mi tornano in mente le frasi, i racconti, le riflessioni e altri particolari apparentemente insignificanti senza i quali non sarei uscito indenne da una situazione difficile. Penso alla definizione di "comandante", quella che, sentendoti "pilota responsabile ai comandi" dopo il primo volo da solista, ripeti orgogliosamente a te stesso: il secondo a bordo dopo Dio. Ma siamo proprio sicuri di essere soli, quando voliamo da soli? Controbase, sottovento, base, finale, atterraggio. Raggiungo il parcheggio, giro la chiavetta, il motore tace. I pochi strumenti hanno gli indici al posto giusto. Funzionano, non sono necessari controlli.

Resto seduto qualche momento prima di scendere. Finalmente una voce, ne avevo bisogno: da dove viene? Lo sa che c'è nebbia? Mi avvio subito verso il telefono. Rispondono al primo squillo. "Ciao, tutto a posto, state tranquilli". Dopo una pausa un po' lunga (che abbiano contato fino a dieci?): "E chi era preoccupato?"