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Il Volo racconta...


L’ultimo volo

A quest’ora la sabbia dovrebbe essere tiepida, ma i miei piedi nudi non se n’accorgono nemmeno perché non percepiscono niente.
Talvolta ti scorgo in lontananza mentre corri sulla spiaggia di notte. Elegante e fugace.
Il tuo pareo è ancora sommariamente annodato sul fianco. E sotto il drappo rosso indossi ancora il tuo bel costume azzurro intriso di salsedine. Ormai asciutto.
I sogni sono degli squarci sul mondo della verità.
La morte è un sogno interminabile.
Intorno a me c’è tanta acqua blu e profonda. Trasparente.
Il tempo è sospeso. Non vedo mai il sole.
Spesso compare la luna, e le nuvole si tingono di bianco-neve. Mentre la spiaggia diventa un incanto desolato e nostalgico.
“Abbraccia la mia anima e proteggila dalla sofferenza. Come facevi un tempo”. T’imploro.
Percorro miglia e miglia di tiepida sabbia avendo tuttavia la strana sensazione di restare fermo.
Nella consolazione d’una vita difficile e durissima, densa d’affetti e di poesia, ho fatto di tutto per ritrovarti.
Di tanto in tanto m’appari. Ora là, dietro i cipressi. Ora qua, sul bagnasciuga. A volte mi sembra d’intravedere la tua figura amata sullo specchio di mare blu. Mentre cammini sull’acqua.
Ma ormai è tardi.
Io abito qui, in questa casa di sogno. Ogni volta è più bella, sempre diversa, sempre più ricca e spaziosa.

Le stelle per soffitto, l’aria per pareti, la spiaggia per pavimento. Il mare sullo sfondo.
Io sto qui, su questa spiaggia sterminata, ovattata e priva di suoni.
Accanto al mio velivolo spezzato.
Quando ti vedo passeggiare sulle onde intuisco una melodia che non riesco a sentire. E immediatamente la tua immagine svanisce fra le onde come la musica di uno stereo rotto si spegne nella camera da letto.
Più in là, oltre la spiaggia, filari di cipressi alti e verdi ondeggiano alla brezza di questo crepuscolo perenne.
Campi sterminati di lapidi, attorno ai cipressi, si perdono lontano fino all’orizzonte infinito.
Sto qui da solo, in compagnia del tuo bianco foulard di seta indiana. Unico cimelio del nostro ultimo volo.
Magicamente il mio pensiero tende a trasformarsi in azione, e torno a quella notte.
Il volo radente sulla sabbia e sul pelo del mare fino a sfiorare l’acqua. L’ala destra inclinata per infilarmi nel solco disegnato dall’onda. Alti spruzzi d’acqua salata sollevati dal ruotino di coda.
“Guarda verso dritta, - ti sento gridare - la luna sta nascendo sul mare”.
“E disegna un’incredibile scia d’argento sull’oceano di notte”. Penso nella foga del volo acrobatico.
Trasformo mille figure d’alta scuola con elegante bravura.
“Ti amo”. Urli nel vento.
“Come?”
“TI AMO...”. Urli più forte.
Ti avevo sentito benissimo, ma volevo sentirtelo dire di nuovo.
Scivolo lievemente d’ala a sinistra e poi a destra, per attenuare un po’ la tensione delle violente accelerazioni acrobatiche.
Ma subito dopo… motore avanti tutta con manetta a battuta. Quattromila giri sul motore stellare. Velocità da capogiro. Elica al passo alto per mordere aria e acqua contemporaneamente.
Ora metti la pallina al centro e tieni l’aeroplano livellato mentre raggi lontani di luna sul mare s’intrecciano col biancore del tuo magnifico foulard.
Il motore romba dentro il rosso biplano e mi rimbomba nel petto in sintonia col cuore in tumulto di passione. Per il volo e per te.
Amore e volo!
Sono felice.
Una leggera virata a sinistra cabrando lentamente per guadagnare quota. Livellamento a quattrocento metri e poi giù per trasformare la quota in velocità.
Un looping a cerchio perfetto si disegna nel cielo della notte stellata.
Ora immagino la sabbia calda sotto i tuoi piedi nudi.
E mi sembra di volare ancora nella scia del tuo profumo di gelsomino. Il vento m’inebria della tua fragranza.
Sono un pilota in gamba. Sono il migliore.
Tonneau a bassa quota a pelo d’acqua. Volo rovescio sulla spiaggia. Ala destra tra due lunghi filari di cipressi.
Cabrata a candela.
Picchiata da brivido.
Impennata con avvitamento verticale.
Vite a caduta libera con giri infiniti.
Otto lento. Virata di scampo. Volo lento con tutto fuori.
Librarsi sul mare blu... è come fermare il tempo.
Non ho mai volato da solo. O con te immaginata nel sedile anteriore o con la bottiglia sul cruscotto.
Ti portavo con me anche quando non c’eri.
Quella notte ero più ubriaco del solito. Di vino, d’amore e di volo.
Ti sollevai per sistemarti sul mio rosso biplano.
Davanti. Al posto d’onore.
T’avrei dato il battesimo dell’aria.
Finalmente insieme. Liberi nel cielo di sera, nel blu profondo e terso.
Io sono un bravo pilota. Ho le ali disegnate addosso. Ho compiuto mille imprese memorabili.
Ma giunse il tempo della congiunzione fatale. Il volo e l’ebbrezza non si combinano insieme.
Tante volte sono andato in volo in compagnia della bottiglia. Ogni volta che non potevo averti.
Mi vantavo di saper mantenere le ali livellate o di virare in modo perfettamente coordinato tenendo la bottiglia costantemente incollata sul cruscotto.
Tu avevi gli occhi dell’amore. Io le ali disegnate sul corpo. Il motore nel petto. La potente elica a passo variabile nel pensiero.
Io sono potente come il mio aeroplano.
Ma la notte s’illuminò di stelle. E i suoni scomparvero improvvisamente.
I morti vedono Dio ma non possono vedersi tra loro.
Questa è la mia condanna in questo limbo.
E’ la fine del tempo.
Questo spazio di lapidi e di cipressi sembra sterminato perché forse non c’è.
Il mare, la spiaggia, tu... probabilmente siete solo nella mia mente.
I vivi sono altrove. Nel tempo e nello spazio.
Questa non è una vita alternativa. Non ho più il mio biplano.
Questo è l’altro mondo. Un istantaneo sogno lunghissimo, una sensazione dolce e pungente, una sospensione del tutto nel niente, una dimensione senza spessori.
Qui dentro il dritto è uguale al rovescio, il dentro assomiglia al fuori, il veloce appare lentissimo.
Miglia e miglia di volo in un solo momento.
Credevo di ritrovarti qui. Pensavo che fossi tu a venirmi incontro.
Tutte favole da vivi!
In quest’orto suggestivo, di fiammelle sempre ardenti, una pace di silenzi si alterna a percezioni sempre nuove. E sorprendenti.
Noi siamo condannati a vagare su questa spiaggia per l’eternità perché siamo morti senza sepoltura.
Questo è il limbo dei piloti. Un mondo traslucido di sensazioni, senza dolore e senza gioia.
L’ironia vuole che a pochi passi da qui c’è un grande cimitero.
Ti ho dato il battesimo del volo e anche la morte.
Sono un grande pilota.
Il rimorso mi accompagnerà perennemente per averti separata da me e dal mondo per sempre.
Ho cominciato a sognare da bambino. Dapprincipio erano sogni spaventosi di cadaveri nei cassetti e acqua minacciosa. Ma poi sorsero bellissime cattedrali e dolci colline silenziose.
Ho visto l’inferno e il paradiso.
Ma questo è un luogo d’indifferenza. Creato per chi non ha grandi meriti né colpe gravi.
Qui non c’è luce perché manca il buio su cui appoggiare i raggi luminosi.
Tutto è pervaso da un perenne crepuscolo.
Quello che i vivi non sanno è che si può morire migliaia di volte nell’arco dell’intera esistenza. Si muore ogni volta che si dorme e si sogna.
La vita è una condizione mentale, mentre la morte è una condizione totale. Quando si sogna si esce dalla mente e si entra nell’altro mondo.
Quando si muore si esce da tutte le possibilità. E si entra nell’assoluto.
L’ala destra nell’onda. L’ala sinistra fra i cipressi. Volo radente sull’acqua salata. Volo rovescio sulla sabbia.
Vite stallata a spirale.
Richiama!
Non lasciarti tentare dal gioco della rimessa all’ultimo momento. Sono già morti troppi piloti dopo cinquanta giri di vite.
E’ pericoloso.
Richiama più in alto. Datti una possibilità.
Ma io sono il miglior pilota del mondo.
L’impatto fu inevitabile. E ti persi per sempre fra le onde giocose di questa tiepida spiaggia.
In una notte memorabile d’amore e di volo.

Mario Trovarelli